Biennale: Common Ground - Venezia - 2012

L’incontro organizzato da InfoProgetto, il 28 febbraio di quest'anno (Auditorium - Palazzo Lombardia a Milano), è stato l'occasione per ripercorrere la visita della passata 13ª Mostra Internazionale di Architettura, alla Biennale di Venezia.

Il progetto “The Irrational City”, presentato come progetto d'illuminazione degli spazi aperti, fu infatti annunciato, per la prima volta, da Paolo Cesaretti ed Antonella Dedini a Venezia.

Cesaretti e Dedini, fondatori di Architettura Attuale, fanno parte di un gruppo di ricerca temporanea che indaga criteri alternativi di progettazione ed interpretazione dello spazio.

“The Irrational City”, con la sua enigmatica presenza luminosa, ebbe lo scopo nel contesto lagunare come nella platea milanese, di porci domande riguardo la natura di Venezia.
Cosa è irrazionale: i rigidi e perpetui flussi dei turisti o la linea d’acqua condizionata dalle maree? La stilizzazione del π, prima lettera di perimetros (περίμετρος) che in greco indica la 'misura attorno', divenne così un omaggio a Venezia, quella magica città con l'acqua tutto attorno.

Architettura della comunicazione?
Architettura del linguaggio?
Un comunicare che si fa testimone di un mondo sempre piu’ liquido, che non per questo puo’ permettersi il lusso di privarsi di significati profondi.

Quella giornata di novembre, percorrendo la laguna sotto un cielo minaccioso, cio’ che mi colpì ancora del “Common Ground”, fu sicuramente il docu-film, presentato al Padiglione Italia, nella prima parte delle quattro stagioni: Adriano Olivetti, nostalgia di futuro.

Il pensiero di Adriano Olivetti, venne scelto per i propri principi, il suo modo di fare impresa e di vedere il mondo. Olivetti era infatti convinto che il fare impresa non potesse prescindere da un atteggiamento etico e responsabile nei confronti dei lavoratori e del territorio, che andava ad accogliere le fabbriche.

Appassionato di avanguardie in arte e architettura, coinvolse i più geniali architetti e designer degli anni ’50 facendo di ogni complesso industriale un’opera d’arte. Ivrea divenne così il luogo della sperimentazione di una città-fabbrica virtuosa, considerata modello sperimentale per uno sviluppo territoriale possibile.

Zevi, curatore dell’esposizione del padiglione, tiene a precisare come “nel messaggio di Adriano Olivetti vi sia un seme che dice che si può essere imprenditori producendo beni eccellenti, realizzando servizi qualificati e, al tempo stesso, facendosi carico dello sviluppo urbanistico.”

Quello di Olivetti, a conti fatti era divenuto un modello di sviluppo in cui politica industriale, politiche sociali e promozione culturale si integravano nella reale proposta di una strada innovativa per la trasformazioni del territorio.

E quando un modello imprenditoriale come quello di Olivetti ci viene raccontato, magistralmente come fece anche la Curino a teatro, allora si diffonde nell'interlocutore la piacevole sensazione che solo la convinzione nel “possibile” ci puo’ regalare.